Lo scorso 22 agosto, a largo di Ventotene, Renzi, Merkel e Hollande si sono incontrati sulla portaerei Garibaldi, per discutere di crescita economica, del problema migranti e del terrorismo islamico, ma anche di difesa comune europea. Il progetto è particolarmente a cuore al Presidente francese François Hollande, perché ha capito che, in tale in ambito, dopo la Brexit, si sono aperti scenari per il proprio paese che, con il Regno Unito nella UE, le erano sempre rimasti preclusi.

Il nuovo ruolo della Francia

Con l’uscita di Londra, infatti, la Francia è la potenza militare dell’Unione in possesso dell’esercito più numeroso e meglio dotato di armamenti moderni ed efficienti, oltre che dell’arma atomica, il che non è poco.

Lo scopo di Hollande, dunque, è quello di porre il suo Stato alla guida di una forza militare europea comune, autonoma dal Comando Nato, pur non sganciandosi dal Patto Atlantico. Ciò gli consentirebbe di subentrare agli Stati Uniti, per trattare da condizioni di forza con la Russia e il Medio Oriente, a nome dell’Unione Europea.

Le velleità dell'Eliseo

Il primo a capire le velleità dell’Eliseo è stato il premier italiano Matteo Renzi, il quale ha inscenato il summit a tre sulla “Garibaldi”, sperando di ottenere l’appoggio del Presidente francese in tema di “flessibilità” economica, nei confronti della cancelliera Merkel. Quest’ultima, peraltro, sa bene che il ruolo della Germania, dopo la sconfitta della seconda Guerra Mondiale, è limitato all’economia e non dovrebbe aver nulla in contrario al progetto europeo di difesa comune, a tacita guida francese.

Tutto scontato, dunque? Non proprio. Non tutti sono d’accordo che l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione, possa avere come conseguenza un ulteriore disimpegno degli Stati Uniti dalla difesa europea, comunque già perseguita dalla Presidenza Obama. Il ragionamento si basa sul fatto che la forza militare USA è troppo sproporzionata a proprio favore, rispetto a quella europea e che il dispositivo di difesa NATO è comunque troppo rodato per essere sostituito da qualcos’altro, necessariamente più debole.

L'ostacolo dei nazionalismi

C’è, poi, un’ulteriore considerazione. Ogni progetto multinazionale comune, in campo economico o difensivo, presuppone sempre una cessione di sovranità nazionale e, nella presente fase, caratterizzata dall’affermarsi ovunque, in Europa, delle tendenze xenofobe e nazionaliste, tale ipotesi sembra surreale.

Il progetto difensivo comune, tuttavia, potrebbe sorgere per gradi, a partire dai tre “grandi” di Ventotene, a cui si può aggiungere il Benelux, quasi a ricomporre lo spirito europeista del 1957 tra gli Stati fondatori della Comunità (Trattati di Roma).

Ai sei, non dovrebbero avere problemi ad aggiungersi il gruppo dei PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). I Paesi dell’Est e i Baltici, almeno all’inizio, potrebbero benissimo restarne fuori, anche perché, a parere unanime degli osservatori, ogni dispositivo di difesa, in loro favore, è impraticabile senza la presenza di almeno sette brigate pesanti degli Stati Uniti (attualmente ve ne sono solo quattro).

Tensioni dietro le quinte tra i tre "Grandi"

Altri, più smaliziati, osservano che, in politica estera, tra Renzi e Hollande non sia proprio tutto rose e fiori. La questione libica, infatti, vede Italia e Francia, entrambe interessate a rifornirsi del petrolio cirenaico, su due sponde diverse: Roma appoggia il governo di Tripoli, mentre Parigi, dietro le quinte, strizza un occhio al Parlamento di Tobruk, per ottenere un maggior controllo sui pozzi, attualmente appannaggio dell’ENI, per circa il 70%.

Anche l’appoggio di Angela Merkel al “progetto di Ventotene” è comunque condizionato all’esito delle elezioni politiche dell’anno prossimo e, comunque, dalla destra nazionalista all’interno e all’esterno del proprio partito. Sino a che tali nodi rimangono irrisolti, ogni progetto di difesa comune è destinato a rimanere in stand by.